Software: Arte e Industria
Nella sua “Classificazione delle attività economiche Ateco 2007”, il normatore ambiguamente classifica le attività dell’informatica (distribuite tra i codici 62 “Produzione di software, consulenza informatica e attività connesse” e 63.1 “Elaborazione dei dati, hosting e attività connesse; portali Web”), indistinguibili nella realtà operativa delle imprese, ora come Industria, ora come Artigianato, ora come Terziario. Il normatore rende così inconsapevole testimonianza che il mestiere dell’informatico è al tempo stesso Industria, Artigianato e Servizio.
Certamente la produzione di software è un’industria. Lo testimoniano l’evidenza della delicata complessità dei sistemi informatici e i dati: il settore ICT in Italia comprende più di 75.400 imprese e più di 456 mila addetti, per un mercato digitale di 64.234 milioni di euro (fonte: “Rapporto Assinform 2015”). In quanto produzione industriale il software richiede standard, metodi, rigore.
Certamente la produzione di software è un’arte. Lo confermano l’autonomia degli informatici nell’impegno quotidiano davanti allo schermo vuoto, la dimensione ridotta dei gruppi di lavoro, anche quando impegnati in grandi progetti. In quanto produzione artigianale il software richiede invenzione, creatività, plasticità.
Il modello ideale dell’azienda di informatica è la bottega rinascimentale: luogo di incontro di organizzazione, competenza tecnica ed invenzione.
Nella bottega collaborano le diverse specializzazioni: chi impasta i colori, chi dipinge i festoni di fiori e frutta, chi scrive requisiti, chi scrive codice, chi installa macchine, chi verifica i sistemi. Tante specializzazioni quanti e diversi sono i mestieri dell’informatica.
Nella bottega collaborano le diverse esperienze, dal giovane garzone al maestro. Il maestro è riconosciuto per competenza, la presunzione è inconcludente e risibile. Il giovane informatico cresce se ha la fortuna di avere a fianco qualcuno che gli insegna il mestiere, che è diverso da quello che si impara sui libri.
L’eccellenza è il risultato dell’equilibrio tra organizzazione e invenzione, tra metodo e creazione: ingegneria del software che costruisce software bello, perché “il software brutto non funziona”.